Uno degli strumenti più utili ed efficaci nella gestione del persona branding è sicuramente LinkedIn perché racchiude in sé una serie di caratteristiche e di funzionalità che lo rendono tale. Ma quello che fa davvero la differenza è il sistema “referenziale” che si crea tra le persone e verso i contenuti che produciamo soprattutto in termini di qualità.

Su LinkedIn si dà molta importanza all’autorevolezza di ciò che viene pubblicato, al suo valore, al grado di coinvolgimento e alla possibilità di coinvolgere altre persone nel post stesso.
Uso del tag personale
A volte sottovalutato nella sua dinamica ma spesso consigliato (finalmente) dallo stesso algoritmo che a volte ti ricorda che il tuo post “non è stato abbastanza coinvolgente” e ti consiglia di “taggare” qualcuno per coinvolgerlo nel tema del tuo post.
Sembra scontato e a volte quasi inutile, ma quando pubblichiamo un post non stiamo facendo un monologo e spesso i post troppo “programmati” perdono di sentimento e di forza. Il tag (o @) serve proprio a creare un richiamo di una o più persone.
“Di questo tema ne parlavo con @mariorossi proprio l’altro giorno e mi esponeva i suoi dubbi…”
Con una semplice frase ho cambiato il senso di un post che poteva risultare poco interessante e che ha preso una dimensione più discorsiva e umana.
Qui entriamo nel merito del Copy dei post e della strategia di scrittura degli stessi (ebbene sì, esiste anche questa) per riuscire a conquistare il pubblico ed ammaliare l’algoritmo che renderà il nostro post più visibile. Esiste un limite di caratteri dei post che è pari a 1300 e per questo occorre essere strategici.
Uso degli hashtag
Il secondo strumento che LinkedIn ha ereditato dai suoi pari è l’# (hashtag) che proprio per la sua origine rischia di essere frainteso e confuso nell’utilizzo.
Anche in questo caso possiamo parlare di strategia di utilizzo ma prima di tutto capiamo le cose da non fare.
- Non abusarne: 3 sono un numero abbondante.
- Non usare #nomeazienda o #mariorossi per citare una persona o un’azienda che ha una pagina su LinkedIn.
- Non utilizzare l’hashtag per sigle e acronimi: ad esempio #SYL per see you later.
- Sintassi sbagliata: spazi, punti, virgole, esclamativo ecc sono da evitare perché rendono inutile l’# stesso; per esempio nell’hashtag #vita.in mare! sarà evidenziato solo #vita.
- Non utilizzare gli hashtag per forme ed espressioni colloquiali come ad esempio #annamobbene.
L’abuso è molto frequente perché ci si confonde sull’uso dello strumento tra un social e gli altri. Infatti Twitter ne consigli 3 mentre Instagram consiglia una forbice tra 11 e 30.
Così come per la sintassi si rischia di sbagliarne l’uso per poca attenzione alla forma.
Come possiamo usare gli hashtag per la nostra strategia di marketing
Dietro un semplice elemento come l’hashtag c’è molta strategia nell’ideazione e nel suo funzionamento.
Su LinkedIn è possibile “seguire” un hashtag e renderlo anche virale: molte aziende creano gli hashtag sui propri slogan se sono rinomate. Se leggo #justdoit sto già pensando al brand ma a volte per le piccole realtà è più difficile affermare il proprio sloga e soprattutto la riconoscibilità.
Diventa importante dare all’hashtag un ruolo di ambassador e di ripetitore nel web abituandosi ad utilizzarlo nelle comunicazioni ufficiali e farlo utilizzare anche agli utenti nei propri post.
Sembra molto semplice ma non lo è. Si tratta di una sfida impegnativa ma importante.
Citavamo prima l’importanza di non banalizzarne l’uso con #nomeazienda perché probabilmente le persone non conoscono noi ma l’argomento o il settore che stiamo trattando.

Per contro non dobbiamo e non possiamo nemmeno banalizzarlo o non tenere conto dell’uso dell’inglese. Un nome comune ma banale è #case e andrebbe connotato in un contesto immobiliare o edile. La stessa parole in inglese ha un significato molto diverso e rischiamo, dato che LinkedIn è un social internazionale di prevalenza anglofono, di finire in un contenitore sbagliato.
Come diffondere un hashtag
Una volta scelto, dopo nottate insonni e confronti con utenti non profilati e non di settore, abbiamo il grande compito di diffonderlo nel web… o almeno su LinkedIn!
Ci sono diverse opzioni per la sua diffusione:
- Inserirlo nelle immagini dei post quando presenti.
- Inserirlo nei post in modo che sia cliccabile.
- Consigliare di “seguire” l’hashtag scrivendo un post che spieghi perché è importante farlo e per tenerli informati, per esempio, sugli aggiornamenti rispetto ad un tema o in merito a un evento in particolare. Spiegare anche le cose ovvie non è mai tempo perso!
- Raccontare la scelta dell’hashtag in un video o in un podcast.
- Chiedere al proprio pubblico se l’hashtag scelto piace, ottenendo un doppio effetto: diffusione e feedback.
- Mantenere costante l’utilizzo come strumento di marketing per un tempo definito e non scoraggiarsi per la mancanza di feedback immediati.
- Inserirlo nell’eventuale merchandising.
Come difendere un hashtag e perché farlo
La normativa italiana lo permette, e lo stesso avviene negli Stai Uniti a condizioni che rappresenti e faccia funzione di “marchio”.
È utile registrarlo? Certamente ne rafforza l’uso e ne protegge il significato, dunque diventa sempre più impegnativo il suo impiego e la sua creazione. Soprattutto la registrazione, che ha dei costi come quelli di un marchio, non va gestita con leggerezza.
Va segnalato che sono poche le competenze italiane che ne comprendono e capiscono il significato e che sappiano anche fare le giuste pratiche per completare l’operazione in modo corretto.
Strategia vs. improvvisazione
Fare comunicazione è facile. Fare comunicazione bene richiede tempo e attenzione ai dettagli e alla “forma”. Molte persone mi fanno notare, durante i corsi, che per fare bene qualsiasi cosa ci vuole tempo e che non è possibile dedicare tutto il tempo alla comunicazione altrimenti non potrebbero lavorare.
Una piccola verità che cela in sé due semplici concetti:
- I professionisti della comunicazione studiano per dare un servizio sempre più qualificato.
- Gli utenti devono avere un livello conoscenza adatto e sufficiente a capire il perché si facciano certe scelte ma non dovrebbero avere necessità di diventare a loro volta esperti.
Su LinkedIn è possibile trovare un buon equilibrio tra questi due aspetti curando con assiduità e un minimo di strategia la pubblicazione di post e articoli nel proprio profilo personale.
Questo garantisce l’autorevolezza necessaria per fare inbound marketing e un buon personal branding pubblicando due post a settimana e un articolo ogni 15 giorni.
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