Come dice l’inventore Raymond Kurzweil:

“Abbiamo messo mezzo secolo per adottare il telefono, la prima tecnologia della realtà virtuale. Tecnologie recenti, come il PC, il web, i cellulari, in meno di un decennio”.

Questa è soltanto una delle tante affermazioni che spiegano come l’uomo e la sua tecnologia si sviluppino in maniera esponenziale e non lineare. In poche parole ciò significa che ci vorrà sempre meno tempo per raggiungere un nuovo livello evolutivo.

Il nostro progresso diventerà così veloce che nel 2045 si dovrebbe raggiungere la “singolarità tecnologica”, quel momento in cui la crescita tecnologica supererà le capacità cognitive e di comprensione umane.


Le tecnologie esponenziali

Le tecnologie protagoniste di questa evoluzione riguardano l’ambito del digitale e vengono definite “esponenziali” proprio per sottolineare la velocità del loro progresso. Stiamo parlando di Internet of Things, Intelligenza Artificiale, Realtà Aumentata, Realtà virtuale e i famosissimi Big Data. Tutte queste tecnologie sono al centro dei dibattiti contemporanei soprattutto in materia di etica in quanto non si sa esattamente quali possano essere i loro risvolti o la loro fine evolutiva, insomma potenzialmente non hanno limiti.

Si pensi all’ultima idea geniale di Elon Musk, il Neuralink, un chip in grado di connettere mente e corpo per curare alcune malattie neurologiche. Se questo è il punto di partenza attuale, quale può essere il punto di arrivo?

Non solo etica, le tecnologie esponenziali sono a portata di mano

Se da un lato le discussioni vertono su futuri distopici e progressi incontrollabili, dall’altro nella realtà le tecnologie esponenziali stanno sempre più prendendo piede nella nostra vita quotidiana soprattutto nel tempo libero. Pensate semplicemente ad Alexa e alla domotica, questi sono dispositivi e meccanismi sviluppati proprio sulla base di questi processi.

Realtà o finzione?

In Westworld, una serie tv americana firmata HBO, viene descritta una realtà in cui i parchi di divertimento sono abitati da robot che svolgono il ruolo di attrazioni. I robot seguono delle linee narrative precostituite e vengono comandati dalla centrale attraverso dei tablet ultra futuristici multitasking che possono comunicare tra loro. Questa è la strada che sta prendendo Microsoft con il suo Surface Duo, un ibrido tra smartphone e telefono. Il dispositivo ha due schermi ed è in grado di ricevere messaggi e chiamate ma anche di funzionare come un taccuino digitale, il tutto in contemporanea.

Avete presente il film Her, quello in cui la voce di Scarlett Johansson interpreta la voce di un sistema operativo in grado di gestire completamente la vita di Theodore? Man mano che il film avanza, il Sistema operativo riesce a migliorare esponenzialmente le sue prestazioni sino a leggere i pensieri del protagonista. E se non fosse solo finzione? E se fosse il futuro?
I ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno sviluppato un prototipo di un dispositivo che sarebbe in grado di farci comunicare con il computer attraverso il solo utilizzo della nostra mente.

Come funziona il dispositivo del MIT

Il dispositivo funziona attraverso una serie di elettrodi che vengono applicati nella mascella. In questo modo il prototipo riesce a comprendere i comandi che gli vengono inviati unicamente attraverso il cervello. I messaggi verranno poi tradotti in codice dall’interfaccia che li invierà al computer. I segnali muscolari verranno tradotti in parole attraverso una rete neurale artificiale e il computer risponderà attraverso delle cuffie a conduzione ossea in grado di trasmettere vibrazioni dalle ossa del viso sino all’orecchio interno.

“Volevamo costruire una sorta di intelligenza aumentata: una piattaforma di calcolo in grado di fondere l’uomo e la macchina, che sembrasse un’estensione della nostra cognizione interna”

così ha detto uno degli studenti del MIT che si sono occupati della ricerca.

Possibilità di uso e prospettive

Insomma, sembra che il divario tra uomo e macchina si stia progressivamente riducendo e la prospettiva futura è quella di riuscire a superare tutte le incomprensioni comunicative tra i diversi codici linguistici (codici e linguaggio naturale) attraverso un graduale miglioramento degli algoritmi sino a magari fonderli completamente.

Se ora il prototipo del MIT ha dato grandi soddisfazioni solo con la comprensione dei comandi semplici (come per esempio istruzioni per una partita a scacchi o calcoli matematici) magari in futuro potrà essere utilizzato nel quotidiano. Se così fosse nei contesti lavorativi i rumori non sarebbero più un problema: in un cantiere l’ingegnere potrebbe parlare col muratore senza interferenze riducendo le possibilità di errore, così come all’interno di un ufficio basterebbe un pensiero per comunicare un problema riducendo le interferenze con il lavoro dei colleghi.

Questa invenzione sarebbe ancora più rivoluzionaria nella vita di tutti giorni: escludendo traguardi più banali come il desiderio di accendere la macchinetta del caffè con la sola forza del pensiero, il dispositivo del MIT potrebbe soppiantare i comunicatori oculari e rendere ancora più facile il superamento delle barriere comunicative anche tra noi esseri umani.

Pensate solamente alla possibilità per le persone mute di acquisire, anche se attraverso l’intermezzo di una macchina, l’uso della parola in modo immediato. Una rivoluzione.

Nel passato il futuro irrealizzabile era rappresentato da uno skateboard che poteva levitare nell’aria.

Adesso che siamo nel presente ci rendiamo sempre più conto che ogni limite è superabile e non c’è niente di irrealizzabile.

Le tecnologie esponenziali fanno passi da gigante e se oggi il traguardo è la realizzazione di un dispositivo che ci permette di comunicare con il solo uso della mente, il futuro forse è già scritto in una puntata di Black Mirror in cui si raccontano realtà ibride tra uomini e macchine.

Staremo a vedere!

Articolo di Eleonora Orrù