Quante volte abbiamo sentito dire a qualunque studente la frase “Non voglio andare a scuola!”?

E pensare che paradossalmente questa condizione potrebbe cambiare nei prossimi anni!

Come abbiamo già visto nel precedente articolo, secondo le previsioni di esperti nel settore l’utilizzo massivo della realtà aumentata e realtà virtuale non prenderà piede prima di 5, 10 anni, ma cosa accadrà allora al mondo della didattica?

Partiamo da un concetto pratico: i libri continueranno ad esistere come strumenti essenziali e supporti per il digitale permettendo una lezione “mista”, ovvero una parte tradizionale come la conosciamo oggi e la seconda digitale e innovativa tramite la AR e VR (nelle pagine di un libro ad esempio, potremo trovare degli attivatori come i QRcode, che attiveranno l’esperienza con il device utilizzato).

Immaginate cosa significherà poter studiare storia, geografia, arte, architettura, ingegneria e tante altre materie, attraverso Il livello di apprendimento elevato che queste tecnologie offrono. Perché i ragazzi avranno la possibilità di studiare il materiale da un punto di vista diverso, o meglio, da una realtà diversa.

La curiosità e lo stupore giocheranno un ruolo molto importante in questa fase, perché aiuteranno l’utente e alleggeriranno il peso delle nuove nozioni da apprendere.

La metodologia migliore per l’apprendimento è poter imparare mentre ci si diverte. Numerosi studi scientifici, infatti, dimostrano che divertirsi mentre si impara non solo è possibile ma è anche un analgesico naturale, perché attiva il rilascio della dopamina e serotonina, due ormoni stimolatori del benessere.

Ma veniamo a qualche esempio specifico.

Studiando storia, ad esempio, ci avvicineremo ad una maggior comprensione dei fatti, ricordando meglio gli avvenimenti e le date fondamentali, in quanto le ricostruzioni saranno molto più cinematografiche e rimarranno più facilmente nella nostra memoria, legate all’esperienza virtuale vissuta. Provate ad immaginare uno studente che si approccia per la prima volta alla storia di Pompei, ai personaggi illustri come Dante, fino ad arrivare ai conflitti mondiali o nazionali!

Parliamo a tutti gli effetti, di una didattica nuova.

Nella medicina, non soltanto sarà più facile imparare le varie nozioni anatomiche ma la realtà aumentata e virtuale si presteranno come un vero e proprio tirocinio, poiché metteranno il laureando nella posizione di fare pratica con il digitale, accelerando i tempi di apprendimento. Non è soltanto un discorso di imparare e ripetere delle procedure, ma di addentrarsi in vere e proprie simulazioni -dove l’imprevisto è dietro l’angolo- e di poterlo fare ovunque, da casa propria fino in reparto.

In architettura o ingegneria, invece, le nozioni di progettazione e statica verranno apprese con più facilità, attraverso software che permetteranno in tempo reale di mostrare cosa accade in vari scenari, permettendo ai ragazzi di navigare intorno e all’interno del modello 3D. Tramite la fotogrammetria -che sarà sempre più avanzata con camere specifiche- e le nuvole di punti, sarà possibile invece esplorare e studiare meglio di quanto sia possibile fare oggi, “entrando” nelle cattedrali, grattacieli e strutture di vario genere, analizzandone i dettagli.

Anche per le accademie di moda e di design sarà diverso: oltre alla progettazione, attraverso la simulazione delle sfilate si potrà vivere lo spettacolo in anteprima e in posti assolutamente d’onore, e si potrà simulare una fase precedente alla prototipazione, in modo da visionare qualunque tipo di prodotto prima ancora che sia realizzato.

Oltre all’apprendimento didattico, ad oggi ci sono tante cooperative che attraverso sia la realtà aumentata che quella virtuale coinvolgono ragazzi e di artisti di vario genere, che collaborano per realizzare opere e percorsi unici al fine di avvicinare le generazioni e di valorizzare gli ambienti.

La tecnologia può aiutare i ragazzi, dando loro l’opportunità di creare e condividere insieme agli altri le proprie idee, imparando il rispetto e la collaborazione con le altre persone, attraverso il riconoscimento del proprio lavoro.

Ad esempio, collaboro da anni con Bepart, che si occupa di contenuti in realtà aumentata per il sociale, coinvolgendo negli anni un numero sempre maggiore di ragazzi e artisti che hanno collaborato ai vari progetti. Progetti tra i quali segnalo il MAUA (Museo di arte urbana aumentata), nelle città di Milano, Torino e Palermo, passando per “Aumenta i Candelieri” e “Mar” (Miniera ARgenteria) a Sassari, fino ad arrivare ad “Arda, A ritmo d’acque” nel milanese e le sue periferie.

Allo stesso modo, la cooperativa sociale Macramè ha realizzato un progetto di rigenerazione urbana che con l’aiuto della realtà aumentata ha creato un percorso multimediale dedicati ai luoghi simbolo del Quartiere 5 a Firenze.

Guardando al futuro, immagino nel 2030 architetti, designer e artisti che non soltanto abbelliranno e valorizzeranno le aree delle nostre città, ma svilupperanno un concetto parallelo di arte ed user experience che potremmo anche definire come “architettura digitale”, dove il digitale si sovrapporrà al reale e viceversa.

Insomma, anche se a volte la tecnologia allontana le persone -il mezzo è solo un mezzo e come tale rimane neutrale, mentre il fine per cui viene impiegato è definito dall’uomo-, siamo di fronte ad una rivoluzione digitale che ci porterà ad un livello tutto nuovo di interazione con l’ambiente circostante e con le altre persone.

In attesa di scoprire come sarà la scuola del futuro, chissà se intanto i bambini e i ragazzi cominceranno ad apprezzarla di più.

Se fossi uno studente del 2030, sicuramente ne sarei entusiasta.