La piattaforma di videogiochi di Amazon Twitch ha dovuto agire contro il noto problema dei bot: sono stati trovati all’incirca 7,5 milioni di bot, che, una volta eliminati, potrebbero influenzare le statistiche di alcuni streamer. Secondo ciò che ha raccontato la società dopo l’accaduto, si tratta di follow-botting o view-botting.

Lo scopo dei follow-bot è quello di migliorare il numero di follower di uno streamer, mentre i viewer-bot vanno a gonfiare il numero di spettatori che stanno guardando uno stream. Alcuni di questi bot vengono acquistati da streamer nei luoghi meno conosciuti su internet con l’obiettivo di essere utilizzati per aumentare i numeri degli streamer stessi. Altri, invece, vengono usati per trollare certi canali. Uno streamer potrebbe quindi trovare la propria chat inondata di spam dai bot, portando ad ulteriori problemi in caso il canale venga segnalato per una violazione dei termini di servizio.

Twitch ha affermato che applicherà i suoi termini di servizio su questi account bot, con la possibilità di arrivare persino ad azioni legali se necessario.

Come ha agito Twitch contro i bot?

Essendo Twitch è una delle piattaforme più seguite in tutto il mondo, c’è da aspettarsi che gli utenti possano essere vittime di bot. Lo scopo del ban imposto da Twitch serve anche a prevenire possibili truffe durante le dirette di volti noti, specialmente considerando che la piattaforma negli ultimi anni ha attirato personaggi di spicco come il cantante Snoop Dogg e la politica Alexandria Ocasio-Cortez.

Per riuscire a individuare questi bot, Twitch si è avvalso dell’apprendimento automatico, che utilizza metodi statistici per migliorare la performance di un algoritmo nell’identificare pattern nei dati. Secondo la piattaforma, l’utilizzo dell’apprendimento automatico -o machine learning- ne migliorerà le prestazioni in futuro.

Twitch, tuttavia, ha scelto di non colpire i canali più piccoli. A soffrire di questa mossa, sono stati i canali più popolari. Tra questi troviamo Félix “xQC” Lengyel, ex giocatore del team OWL, che ha visto scendere il numero dei propri follower di ben 2,6 milioni. Chance Morris, invece, meglio conosciuto con lo pseudonimo Sodapoppin, ha perso l’esorbitante cifra di 3,3 milioni di seguaci.

Ciò non significa che questi streamer abbiano volontariamente scelto di aumentare i propri follower: in diversi casi, i bot si iscrivono ai canali autonomamente. Il ban ora attuato da Twitch per prevenire i bot permetterà ai content creator di vedere i propri reali numeri, che sono fondamentali per il loro stesso lavoro.

Il fenomeno dei bot e la loro rilevanza sociale

Il problema dei bot, tuttavia, non si limita a piattaforme come Twitch. I bot, infatti, sono programmati per interagire online seguendo la volontà di coloro che li hanno creati. Per questo motivo, hanno una rilevanza nella nostra società di gran lunga maggiore rispetto ad un semplice profilo fake: possono diffondere notizie false, con la possibilità anche di influenzare l’opinione politica della gente. I bot riescono ad essere così efficaci soprattutto grazie all’avanzamento dello sviluppo tecnologico e a grandi investimenti.

Alcune aziende informatiche, dopo aver ricevuto investimenti da privati, vanno a creare questi bot, andando a alimentare l’industria della disinformazione. L’evoluzione del mondo dell’informazione e della pubblicità online è stato analizzato nel nostro editoriale dell’11 marzo.

I bot si sono evoluti nel tempo, passando dall’essere facilmente riconoscibili grazie ai loro nickname generati casualmente da algoritmi, all’essere sempre più simili ad account reali. Grazie ad aggiornati studi sociologici e ai progressi avvenuti nel campo dell’intelligenza artificiale, i bot sono ora in grado di generare dei volti specificamente per il profilo, riprendendo da foto online, e di rientrare in alcune categorie sociali che permettono di far sembrare gli account affidabili.

Questo risultato è possibile solo in caso di un investimento particolarmente elevato, ma non è necessario arrivare a questo livello perché un bot funzioni. I bot sono infatti difficili da contrastare in larga scala a causa della loro quantità e velocità.

Nonostante questi dati, è ancora troppo presto per considerare i bot la causa di una crisi dell’informazione online.

Per contrastare il fenomeno, la mossa più efficace sarebbe il denunciare i “mandanti” di questi profili automatizzati. Rintracciarli, tuttavia, è un’impresa più ardua di quanto sembri, nonché una missione impossibile per l’utente medio.

Per contribuire nel nostro piccolo contro i bot, si può tuttavia utilizzare strumenti gratuiti come Botometer, creato dagli studenti dell’università americana Eugene Lang, che riesce a determinare se un profilo twitter sia umano o no.

Articolo di Chiara Pozzoli