Lo spazio profondo ha, da sempre, attirato l’attenzione di noi esseri viventi creando curiosità e promettendo ipotetiche risposte sull’origine della vita non solo qui sulla terra ma anche nel resto dell’universo e sulla cosmogonia in sé.

Per questa ragione lo spazio è da millenni oggetto di studio e da Tolomeo a Margherita Hack la sete di conoscenza non si è mai fermata.

Ed è proprio in nome di questa grande voglia di scoprire sempre di più sul passato dell’universo che ci ospita che dal 1 luglio 2021 si è dato il via libera ai lavori per l’Osservatorio Ska, ovvero la più grande rete di radiotelescopi al mondo.

Osservatorio Ska: il progetto, gli obiettivi e i sogni

A dare l’annuncio di questa importantissima notizia è stato Phil Diamond, il direttore generale di Skao, che durante l’incontro annuale della Società Astronomica con un comunicato ha sottolineato la maestosità di questa opera in work-in-progress definendola

“un altro passo da gigante che l’umanità compie impegnandosi a costruire quella che sarà la più grande struttura scientifica sul pianeta”.

Alla realizzazione di questo grande progetto partecipano diverse nazioni e tra queste una delle capofila è proprio l’Italia, qui rappresentata dall’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica). Insieme a noi, quindi, al cantiere Ska lavoreranno alcune fra le menti più brillanti di altri 6 paesi: Gran Bretagna, Cina, Portogallo, Sudafrica, Olanda e Australia.

Il costo totale di questa infrastruttura scientifica d’avanguardia è stimata intorno ai 2 miliardi di euro ed è previsto che la conclusione lavori sarà intorno al 2030.

Questi 9 anni che ci separano dalla messa in funzione dello Square Kilometre Array sono un nonnulla se si pensa alla portata di questa nuova installazione. Un esempio di infrastruttura scientifica di pari importanza è il Large Hadron Collider del Cern di Ginevra che, come tutti ben ricordiamo, nel giorno della sua accensione fece tenere il fiato sospeso a mezza Europa grazie alla leggenda metropolitana che voleva che, in caso di guasto, si sarebbe potuto creare un buco nero che avrebbe inghiottito la terra, oviamente del tutto incredibile e improbabile.

Ma come sarà possibile creare il più potente radiotelescopio del mondo?

Di fatto non stiamo parlando di un unico radiotelescopio, ma di un insieme di moltissime antenne situate in diversi luoghi del mondo nei quali le interferenze radio sono quasi nulle e dai quali sarà possibile scandagliare lo spazio più profondo che mai avremmo sognato di raggiungere.

197 nuove parabole di 15 m di diametro saranno installate in Sudafrica nella regione del Karoo e lavoreranno insieme alle altre 64 antenne MeerKAT già installate e gestite dal South African Radio Astronomy Observatory (Sarao). A fare lavoro di squadra si aggiungeranno le 131.072 antenne che saranno installate presso il Murchison Radio-astronomy Observatory della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (Csiro) situato in Australia dell’ovest.

Questo numero esorbitante di antenne e parabole lavorerà all’unisono inviando una mole gigantesca di dati alla sede centrale inglese presso lo Jodrell Bank Observatory, che con l’ausilio di due dei più potenti supercomputer al mondo, li analizzerà alla ricerca di nuove e importantissime informazioni.

Secondo le stime attuali ogni giorno il super radiotelescopio Ska catturerà una quantità di dati pari al numero 600 seguito da 15 zeri (600 petabyte), che giusto per farsi un’idea di quanti possano essere, basterà pensare che saranno tanti quanti quelli contenuti in oltre mezzo milione di computer portatili: di sicuro una bella cifra.

Osservatorio Ska: alla ricerca delle origini dell’universo


Ma tutte queste informazioni che il radiotelescopio raccoglierà a cosa serviranno?

In fondo, sono anni che si sonda l’universo con questi macchinari.

Eppure, questa volta sarà diverso: infatti, la potenza generata da tutte queste parabole insieme, regalerà al genere umano la corretta profondità visiva per arrivare a scrutare così lontano e, di conseguenza, così indietro nel tempo e nello spazio da arrivare fino all’Epoca della Reionizzazione, detta anche Era Oscura.

L’Era Oscura è quell’intervallo di tempo che va dal Big Bang ai 300.000 anni dopo di esso quando la radiazione termina e l’universo inizia a raffreddarsi. In quel momento si presuppone che non vi fosse luce, ma solo un nero buio denso e profondo che, quasi un miliardo di anni dopo da il via al tempo della Prima Luce, cioè quando si osservano per la prima volta le giovani galassie. Questa zona spazio-temporale è ancora sconosciuta e grazie allo Skao sarà possibile spingersi fin qui e studiarla per capire come l’Universo si è gradualmente illuminato non appena stelle e galassie si sono formate ed evolute.

Però questa non è l’unica missione dello Square Kilometre Array.

Tra le tante ci sarà il tracciamento delle mappe di nuovi miliardi di stelle e galassie, la ricerca di altre forme di vita e il sottoporre a prove estreme la Teoria della Relatività Generale di Einstein con l’obiettivo di rilevare se questa è una descrizione corretta dello spaziotempo e della gravità, oppure se saranno necessarie teorie alternative alla relatività generale per spiegare i fenomeni che verranno osservati.

In ogni caso, la grandezza e l’obiettivo di questo nuovo progetto scientifico internazionale non è nulla se paragonato alla vastità delle nuove informazioni che potremo raccogliere con questo super radiotelescopio.

Chissà cosa ci aspetta nel passato del nostro universo e chissà quanto le nuove scoperte che devono ancora venire ci aiuteranno a proiettarci nel futuro.

Quindi è proprio il caso di dirlo: “occhi al cielo” e non solo!

Articolo di Ilaria Calcagnolo