Futuro.
Parola che negli ultimi tempi sentiamo sin troppo.
Abusata, ridondante, strumentalizzata e forse, troppo spesso, decontestualizzata.
Anche il sottoscritto, che in questo momento traccia per l’ennesima volta un editoriale volto a comunicare con un pubblico digitale, è consapevole quanto il limite tra chiacchiera ed esamina sia più labile di quanto si possa supporre.
Parlare di rivoluzione tecnologica 4.0 non è facile, per lo meno non senza incappare nel tradimento delle aspettative sulla seconda parola di questo capoverso.
Ma davvero, in questo susseguirsi tra digitale e tecnologia, possiamo parlare di rivoluzione?
Osservando oramai lo standard al quale siamo abituati da circa 10 anni, la risposta più istintiva sarebbe: “No, certo che no!”.
Se c’è stata una rivoluzione, un cambio di paradigma che ha solcato la linea di demarcazione tra due avverbi quali PRIMA e DOPO, i libri di scuola dovrebbero sicuramente riportare tre date fondamentali.
Innanzitutto l’Aprile del 1986, il quale ha visto l’avvento ufficiale e soprattutto nel panorama italiano, dell’utilizzo di Internet. Anche se poi, siamo tutti consapevoli che l’uso quotidiano nelle case degli italiani è connotabile solo al 1994.
Il 1990 che consacra il lancio del pacchetto Windows 3.0, quindi tutte le funzioni che quotidianamente utilizzavamo nei nostri PC. Rivoluzionando così anche il nuovo modo di informatizzare e lavorare nelle aziende.
Niente che dire poi con il 1997 che ha consacrato ufficialmente lo smartphone.
Si certo, gli storici tecnologici mi lamenteranno che i telefoni cellulari, per lo meno in Italia, irruppero già nel 1992 e in effetti fu essa stessa una rivoluzione.
E come non menzionare l’Apple II che già nel 1977 portò sulle scrivanie la prima idea di Personal Computer.
E ancora, non meno recente, l’arrivo della fibra ottica che ha dato vita a un nuovo modo di connettersi.
Sì, ma i siti web? L’evoluzione da FrontPage a linguaggi evoluti come il PHP?
Incredibile a dirsi, ma anche parlando di tecnologia, si potrebbe fare filosofia per ore.
Algoritmo: Il connettore tra macchina e uomo
Ma una cosa è certa. In questi anni, l’avvento di una parola che possiamo definire abbastanza giovane ha davvero fatto da apripista a quella che sarà una vera e propria formattazione tecnologica, ovvero l’ALGORITMO.
Conosciamo la parola algoritmo legata al grande motore di ricerca Google.
Ed è proprio lui, e ancora lui, il protagonista di una nuova equazione che precederà il nuovo standard di vita. O meglio dire, un equilibrio dove l’essere umano e la macchina vivranno in un ecosistema unico e condiviso.
Già, ma se parliamo di macchine e tecnologie al servizio dell’umano o di “umano” che interagisce con la tecnologia, non può non venirci in mente tutto il mondo della Domotica e degli elettrodomestici connessi alle funzionalità di una casa.
Beh, non siamo molto lontani da questo incipit deduttivo.
Stiamo parlando dell’ IoT (Internet of Things)
Capisco bene che molti di quelli che stanno leggendo questo articolo, addurranno al fatto che parlare di IoT non sia più sinonimo di novità.
In realtà, possiamo anche dire che ad oggi (2021) non si è ancora affermata una definizione generale e riconosciuta del termine IoT. Esistono molte e diverse definizioni che variano a seconda del campo di applicazione.
Una cosa è certa, l’unica indicazione di questa tecnologia è che si tratti di una forma connettiva estesa di oggetti e macchine (Industrial Machines) tramite l’utilizzo del canale internet.
Letta così può sembrare sicuramente una definizione didattica.
Ma allora che cosa è l’IoT? Italianizzando il termine, possiamo definirla l’Internet delle cose.
Ovvero, uno sviluppo tecnologico che affonda le sue radici nei concetti quali:
- Ubiquitous Computer
- IA (Intelligenza Artificiale)
L’aspetto essenziale è che oggetti comuni potranno diventare dei veri e propri dispositivi che avranno una loro identificazione IP. Questo comporterà che tramite sensori e memorie legate a chip, saranno in grado (con l’ausilio di mini computer) di controllarsi, reagire e scambiare informazioni con l’ambiente circostante.
Questo, che nel gergo settoriale viene definita la Machine Learning, è qualcosa che già conosciamo nei film di fantascienza o per chi ha avuto la fortuna e le finanze di vedere la migliore applicazione della domotica mai costruita già a partire dalla fine degli anni novanta.
Ora, partire dalla domotica e arrivare davvero a una applicazione della IoT nella vita quotidiana di tutti noi è uno scenario che siamo davvero in grado di immaginare?
In realtà è più vicino di quanto si possa pensare.
Definiamo cosa è l’Internet of Things (o almeno proviamoci)
Una semplice tecnologia senza fili come il Bluetooth o un RFID può trasformare un oggetto fisico in un vero e proprio sistema di comunicazione tra dispositivi collegati, in un rapporto esemplificato dove c’è un MITTENTE e un DESTINATARIO.
Questo è possibile, ad oggi, grazie all’avvento del Cloud, il quale permette il transito e il salvataggio di una grossa quantità di dati (Big Data), dai quali il dispositivo in IoT può reperire le informazioni necessarie da trasformare in azioni pensanti.
Un processo nel quale la macchina sarà in grado di elaborare dati, imparare informazioni e interpretare dati, in modo da imparare quale migliore azione generare per l‘utilizzatore.
In caso non fosse chiaro, quell’utilizzatore…siamo noi.
Inutile dire che per arrivare a questa rivoluzione si è vista necessaria una crescita in termini strutturali.
Primo su tutti, l’allargamento del canale di comunicazione, ovvero la rete.
Non c’è dubbio che il 4G abbia aperto a un nuovo modo strutturale di fare comunicazione ma il 5G rappresenterà il miglioramento, in termini di performance, della veicolazione.
Questa ultima traducibile in velocità, quantità e reazione.
Eppure l’IoT utilizza anche altre tecnologie. Come dicevamo, non c’è una definizione unica per definirla.
Sappiamo però cosa è in grado di fare. L’IoT può raccogliere, leggere, trasportare ed elaborare dati. Un esempio, un calorifero e un termostato, ad oggi, sono già in grado di leggere la temperatura della stanza e, rapportandola con l’ambiente esterno e circostante, regolano la temperatura interna per assicurare uno status climatico costante.
L’evoluzione dell’IoT è l’aggiunta di un elemento a una equazione comportamentale come quella appena descritta. Ovvero l’integrazione della connessione internet.
Quindi, la possibilità di trasferire i dati registrati dal dispositivo a un altro dispositivo, in modo da applicare la stessa funzione in un altra stanza, in un altro ambiente, con un altro sistema di rilevazione della temperatura. Questo comporterà, quindi, un nuovo potere conferito alle cose e alla tecnologia: l’ubiquità.
Più oggetti e dispositivi possono parlare nello stesso tempo, anche in spazi diversi.
Questo è possibile tramite una nuova concessione data alle macchine, ovvero l’indipendenza.
Senza che nessuno abbia implicato un ragionamento manuale, i dispositivi sceglieranno autonomamente le loro funzioni, seguendo regole di partenza ma adattandosi all’ambiente e al mutamento delle informazioni in itinere.
Anno 2015: “E se il vostro frigorifero parlasse con il forno?”
Per cominciare timidamente a spiegare meglio un campo di applicazione dell’IoT, mi aiuterò parafrasando un esempio fatto durante una convention tecnologica svolta a New York nel 2015.
Ora immaginate che il vostro frigorifero sia connesso alla rete.
Tramite la lettura algoritmica dei dati di navigazione del vostro account, ha accesso a calendari, eventi, appunti, e-mail e informazioni sensibili della vostra quotidianità.
La prima domanda che sorge è… cosa se ne fa il mio frigorifero di tutto questo?
Il suo processo di Machine Learning registra e impara dalle vostre foto e informazioni social che ogni hanno preparate una torta per il compleanno di vostro figlio.
Il giorno si avvicina. Connettendo le informazioni della vostra agenda, calcola che tra lavoro, yoga, dentista e altro, non sarete in grado di comperare gli ingredienti in tempo per fare la torta.
Inoltre, accedendo ai vostri dati della carta di credito, traccia gli ultimi acquisti di spesa e conosce già lo stato aggiornato.
Arriva il giorno del compleanno di vostro figlio, leggendo il vostro arrivo a casa e sapendo che non siete passati dal supermercato, accederà in autonomia su Amazon per acquistare gli ingredienti e farveli arrivare con Prime e consegna in giornata. Consapevole di come si prepara una torta e conoscendo il contenuto di uova in quel momento nel suo vano, ordinerà l’occorrente perché nel contempo del vostro arrivo, possa arrivare anche il corriere con la spesa.
Per voi sarà necessario solo aprire la porta, ritirare e cominciare a preparare quella torta di cui vi eravate scordati.
Un viaggio dalla fantascienza alla realtà
Fantascienza vero? Di certo ho voluto esagerare un po’, facendomi suggestionare dalla vena futuristica dei romanzi di Asimov.
Eppure l’IoT è il primo passo verso questo tipo di servizio alla persona.
Gli algoritmi Google, l’assistente vocale e la banda internet per la gestione dei Big Data sono invece i passi già compiuti per spianare la strada all’applicazione massima dell’IoT.
E unendo i puntini di tutte queste tecnologie, siete davvero convinti che l’esempio sopra descritto sia così lontano?
Non è intenzione di questo reportage di articoli sull’IoT, accendere provocazioni inutili.
Non si vuole convincere nessuno.
Il tempo vedrà l’avvento di tecnologie sempre più intelligenti.
Lo scopo di questo articolo e dei prossimi due che completeranno l’argomento di questo redazionale, sarà quello di:
– spiegare cosa è l’IoT;
– esplorare insieme i possibili campi di applicazione;
– delinearne possibili punti deboli e potenzialità.
In un viaggio tra il pindarico e il tecnico, questo editoriale si propone di approfondire un argomento protagonista di un futuro che pensiamo non troppo lontano.
Nella speranza che questo articolo introduttivo abbia acceso il vostro interesse, vi invito a seguire il mio redazionale per fare questo viaggio insieme.
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