Farsi largo nel mercato farmaceutico e medicale è davvero difficile.

E lo è ancora di più quando si è delle PMI in un universo governato dai giganti dell’industria farmaceutica che dispongono di fondi economici per lo sviluppo, la ricerca e la sperimentazione molto maggiori.

Se poi prendiamo in esame il mercato italiano, la situazione si fa davvero tragica.

Le lungaggini burocratiche e la mancanza di un valido supporto strutturale fanno sì che riuscire ad ottenere la marcatura di conformità necessaria per vendere dispositivi medici innovativi e frutto di anni di sogni, ricerche e notti insonni, sia davvero difficile e se possibile ancora più costoso.

In media, tra studi clinici e il rispetto delle norme dell’iter regolatorio, per ottenere la marcatura CE dell’Unione Europea una pmi deve “sborsare” 245 mila euro: una cifra che sarebbe difficile da raccogliere per qualsiasi startup innovativa italiana.

A questo bisogna aggiungere l’imminente entrata in vigore di nuove regole comunitarie per la commercializzazione dei dispositivi medici, che renderanno ancora più oneroso l’impegno di produttori piccoli e medi.

Ogni azienda dovrà infatti dotare i propri prodotti di un codice alfanumerico UDI (Unique Device Identification) e la registrazione nel database europeo Eudamed degli operatori economici e dei prodotti: tutto questo potrebbe riflettersi con un aumento delle spese pubbliche per i device medicali che si prevede possa raggiungere il 15%.

Di fatto, ci troviamo così in un paese che ha e fa ricerche in campo biomedico e farmaceutico eccellenti proponendo idee davvero futuristiche che però non riesce a far decollare proprio a causa di queste difficoltà economiche e burocratiche. Inoltre, questo iter infinito negli ultimi anni ha messo in fuga moltissimi potenziali investitori dirottandoli, sostanzialmente, verso altri mercati più floridi come quello americano e cinese.

Primary Site: cos’è e come funziona


Come fare per snellire questo lungo processo e rilanciare così il mercato italiano dei dispositivi medici?

A questo ci ha pensato Primary Site: progetto nato a Milano nel 2020 con lo scopo “di rendere accessibile l’innovazione per la salute, fornendo un supporto concreto proprio all’iter che porta a commercializzare le nuove tecnologie nel campo dei dispositivi medici” come ben spiegato a chiare lettere nella homepage del sito.

Primary Site nasce da una collaborazione tra Confindustria Dispositivi Medici, Gruppo San Donato e Mind, il distretto innovativo sorto dalle ceneri dell’ex area Expo, che si impegnerà nella raccolta fondi per tutta la durata del 2021 e inizierà la fase pilota di sperimentazione a partire dal 2022.

Il calendario, suddiviso in tappe-evento, è consultabile direttamente qui.

Chi partecipa e perché

Al momento, a questo progetto, partecipano le 10 aziende che hanno presentato le migliori creazioni. Tra queste ritroviamo Biocubica e Omnidermal.

Ogni startup partecipa per ragioni diverse: Caterina Salito, AD e co-fondatrice di Biocubica ad esempio, fa sapere che per il dispositivo medico indossabile per la misurazione in tempo reale dei parametri cardiovascolari di loro invenzione, ottenere la marcatura CE è l’ultimo step

“Il cui costo stimato ha una grossa variabile che è lo studio clinico e che può arrivare a un milione di euro. A questo si aggiunga la certificazione, che si aggira intorno ai 30mila e comprende le prove in laboratorio”.

In questo senso Primary è riuscita a connettere Biocubica con i vari attori necessari al processo per tagliare il traguardo del mercato: l’ente certificatore, con cui comprendere quali normative seguire, e soprattutto, il fund raising e la conseguente segnalazione di bandi per finanziamenti e investitori.

Le ragioni di Marco Farina, fondatore di Omnidermal e del loro “WoundViewer” invece, sono diverse. Questa tecnologia diagnostica che grazie all’AI analizza la caratteristiche chimiche della cute, come ustioni e ulcere cutanee, che sarà di supporto nell’iter diagnostico e di cura ai professionisti sanitari fornendo automaticamente i parametri clinici indispensabili per valutare e monitorare a domicilio lo stato patologico delle suddette ferite, necessita di un HTA che certifichi il risparmio che questo device fa pervenire alle strutture che sceglieranno di utilizzarlo.

Un risparmio davvero notevole sia in termini economici che di tempo: 2 minuti contro 20 per il monitoraggio, la documentazione e la classificazione della ferita e una spesa per paziente fino a 223 euro in meno. E dato che i soldi, come tutti ben sappiamo, non crescono sugli alberi è certamente un fattore da tenere a mente.

Fra le altre aziende che partecipano al progetto Primary Site troviamo Prometheus, QuicklyPro, SilkBiomaterials, Wise, LightScience, Eyecode e Artiness: la crème de la crème delle startup medicali italiane.

Il Sistema Sanitario Nazionale, gioia e dolore di ogni italiano, in fondo non è poi così male se paragonato ai suoi simili nel mondo, anzi. Possiamo tranquillamente dire che è una delle nostre numerose eccellenze.

Vale la pena quindi dare spazio e fondi a questo mercato di startup medicali innovative non solo per aumentare la reputazione del nostro Paese nel mondo, ma soprattutto, per poter curare bene e meglio quanti più essere umani possibile.

Speriamo che Primary riesca davvero ad aiutare quante più imprese possibili, così da creare il SSN di domani.

Articolo di Ilaria Calcagnolo